Critiche

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"Retaggi" di Bettina Bush

Abile a mischiare materiali diversi, Marina Profumo, artista ligure, non si stanca di indagare temi profondi con il suo sguardo ironico e acuto, spaziando tra ambiti diversi, economia, politica, religione, ambiente, oscillando da una dimensione intima e personale, per arrivare a concetti universali, con un’attenzione particolare al mondo dei più deboli, degli emarginati, senza mai approdare a un senso di pesantezza. Un percorso che evolve e approda naturalmente verso il tridimensionale, si sente già nella pittura del primo periodo, più introspettivo, poi arrivano oggetti del quotidiano che diventano simboli, e strumenti ricchi di messaggi. L’attenzione si sposta alla realtà cruda del mondo globalizzato, per l’artista più che progresso, una grande gabbia che limita, costringe, e comprime. Una denuncia costante che attraversa un universo di lavori per sperimentare materiali e linguaggi diversi senza mai arrivare a una meta definitiva, per essere in continua evoluzione. Un percorso che comincia in silenzio, solo alla fine dei Novanta Profumo decide che è arrivato il momento del confronto con il pubblico e delle prime esposizioni, arriva subito l’estero con mostre in città diverse come Mosca, Stoccolma, Chicago, Copenaghen, Praga, Uppsala, Berlino, solo per citarne alcune. Intanto emerge subito il suo stile fortemente personale, lontano da localismi e correnti, i lavori superano la dimensione puramente introspettiva che si vedeva nella Meta, e in Confusione, il colore si libera, acquista un nuovo ritmo. E’ il periodo delle paste acriliche, della sabbia, la superficie non basta più, c’è il cemento, la corda, la carta, il metallo, appaiono decise le forme, spessori che rivelano più livelli di indagine, tra il visibile e il sommerso, come nelle originali sculture Homo Love, per passare dalle scarpe al cervello, e fare qualche delicata riflessione sull’omosessualità; oppure lo stivale Lethal Parasites (Parassiti Letali), ancora cemento e vernice, una chiara allusione al nostro paese distrutto dal cattivo uso della politica. Nella serie Prison Brain, i Cervelli Imprigionati, Profumo affronta tanti aspetti di ordinaria follia dell’uomo contemporaneo. Lo fa con opere tridimensionali che questa volta partono dalla gommapiuma, un modo per far respirare l’immagine e bloccarla in una rete metallica, che costringe e comprime, dilata, deforma ma non trasforma, diventa quasi una bussola che regola. E’ la mappatura della sua geografia interiore, speranza che rimane desiderio in ambiti diversi, come per la mancanza di spazio in una città come Genova, che si vede in Gramsci Street, un ammasso di moto, che diventa un vero vortice che attira lo spettatore in un labirinto senza via d’uscita. Ancora voglia di spazio in Between Sea and Sky (tra mare e cielo) case colorate liguri, tra scorci di cielo e di mare, questa volta la compressione ha qualcosa di poetico. The Heavy Heritage (La pesante eredità) è un accenno al glorioso passato di Genova, solo un triste rimpianto. E’ con Last Breath, con l’Ultimo Respiro di una massa di nasi, che emerge il bisogno di sopravvivenza dell’uomo intrappolato dal suo stesso progresso, una guerra persa. La denuncia continua e tocca l’economia con Eur Prison, mentre We Are the World (Come Siamo) è una visione ironica dei cittadini del mondo, diversi, ma tutti uguali per la loro mediocrità. E’ con Bad Use - Religion (Cattivo Uso – Religione) che Profumo alza i toni, e lo fa con un tema che sta stravolgendo il nostro presente, il cattivo uso della religione e lo fa con la scultura di una testa senza occhi, drammaticamente silenziosa, che descrive in modo incredibilmente attuale la nuova violenza che stiamo vivendo. Se questo è il nostro presente, il futuro è una pura illusione, come si vede in Can Man Take the Place of Nature? (l’uomo può sostituire la natura?), lo stesso titolo, o meglio domanda, per opere diverse, sempre alberi diroccati, fatti in cemento, sembianze naturali per un falso, un inganno, perchè voler costruire la natura, sarà la prossima frontiera, o meglio sconfitta, dell’uomo moderno. Nessuna speranza quindi per un comportamento responsabile. Per Profumo l’etica è un’utopia, questione di altri tempi o forse di altri mondi, ancora da scoprire.

Bettina Bush

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"L'arte inquieta di Marina Profumo"

Da quando ha iniziato a dipingere, Marina Profumo ha percorso le 'strade blu' della nostra esistenza, quelle vie poco note, sconosciute, nascoste, che a volte non sappiamo neppure che esistano. Sono visioni sorprendenti, che stupiscono perché inattese, scenari e panorami della nostra anima che si aprono improvvisamente ai nostri occhi. Così l'artista esprime il suo desiderio di conoscenza, l'inquieto e strisciante malessere della nostra società, senza propugnare soluzioni improbabili, né impartire lezioni di etica, ma osservando con audacia e realismo una cartografia dell'Uomo e della vita ricca di inesauribili scoperte. Il viaggio di Marina Profumo inizia sui sentieri inesplorati di se stessa, perché per comprendere il mondo, è indispensabile sapere chi siamo e nei suoi lavori pittorici d'esordio è evidente l'afflato irresistibile verso la dimensione inafferrabile dello spirito. Il flusso dolcemente cromatico, surreale e intriso di luce sembra presagire una speranza di felicità, socchiude le porte misteriose dello spirito, attraverso cui filtrano spiragli di salvezza. Da questa ricerca interiore, intrapresa e percorsa con sguardo innocente e severo sul proprio Io, il linguaggio dell'artista diventa inevitabilmente più complesso, fino ad affiancarsi prepotentemente al desiderio e all'impulso di indagare l'Altro, un nuovo universo di emozioni e illusioni. Questa dimensione introspettiva guida l'artista ad inoltrarsi oltre le colonne d'Ercole della conoscenza, per affrontare l'ignoto di un oceano inesplorato in cui vive e si muove l'essere umano: è il mondo delle pulsioni, degli egoismi e delle paure, dell'inafferrabile eppur tangibile senso di impotenza al cospetto della brutalità e dell'insensatezza dell'uomo. Da qui riparte il viaggio di Marina Profumo, che dopo aver attraversato se stessa tenta di esplorare la diversità, l'emarginazione, il malessere di una società troppo spesso vittima del potere e della bramosia. La conseguenza è di dar vita e forma a tale pensiero e desiderio, a questa inesauribile voglia di conoscenza dell'essenza della società, dei suoi meccanismi a volte perversi che rendono l'uomo schiavo di se stesso. L'artista ricorre così alla scultura per identificare il vero e lo fa costruendo simulacri di verità, involucri metallici antropomorfi svuotati di identità negate, cervelli imprigionati in reticoli da cui è impossibile evadere, perché questa società impone illusioni e utopie sconsiderate, flautati canti di sirene ammaliatrici che si riveleranno malefiche condanne. Marina Profumo è quindi un'instancabile viaggiatrice dei nostri giorni, che ama scoprire la realtà imparando a conoscere se stessa e il mondo, ricercando nella materia e nella manipolazione di oggetti quotidiani una speranza di rinnovamento. Non è un caso che oggetti di recupero come scarpe, stivali, plastiche, corde, metalli possano assurgere a nuova vita artistica attraverso la metamorfosi di se stessi: quasi una metafora utopistica della vita, un sogno purificatore che conduca l'uomo, finalmente, dal caos distruttivo della sopraffazione alla perfezione di un'esistenza etica.

Guido Folco

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"Marina Profumo: l'arte dell'Es"

Uno sguardo impietoso sulla società arrivista di oggi, disposta a calpestare tutto e tutti pur di affermare la propria supremazia; un'indagine approfondita e sensibile sulla contemporanea manipolazione di massa delle persone, del pensiero, delle idee, occultamente e cinicamente messa in atto dai media: Marina Profumo opera concettualmente sia sulla scelta dei materiali, sia sull'idea su cui si fonda la sua poetica e lo fa con l'energia e l'originalità creativa del linguaggio di oggi, della provocazione mai fine a se stessa, ma fortemente veicolata da un messaggio concreto, attuale, simbolico. Il percorso artistico di Marina Profumo approda, dopo una formazione attenta e scrupolosa, curiosa ed eclettica e a seguito di esperienze significative, ad un'arte matura, potente, drammaticamente ironica, che trova nella quotidianità ispirazione e vibrante partecipazione, senso tragico e afflato purificatore. In alcuni lavori recenti, sculture totemiche realizzate con oggetti di recupero come scarpe e stivali, la ragione finisce per essere sostituita dall'istinto e nel gesto irriverente del calpestare si insinua la sopraffazione, metaforicamente rivolta ai più deboli, agli esclusi, agli emarginati. L'artista coglie con ironica drammaticità, nello stivale tricolore accartocciato su se stesso, percorso da simboli politici e partitici, la realtà odierna del nostro Paese, imbellettato da ideologie sterili e sfruttato come una vecchia calzatura da buttare via. La sua necessità di rivolgere lo sguardo alla società e al malessere dell'uomo rende l'artista profondamente pungente. L'Italia diventa simulacro di bellezza e di felicità, troppo spesso lacerata da problemi che appaiono, a volte, irrisolvibili. Anche i "cervelli" imprigionati, legati da fil di ferro, celano, sotto una struttura piacevolmente cromatica e ordinata, l'abisso della libertà perduta, di una società che rinnega l'Essere, l'unicità dell'uomo per inseguire utopie fallaci di potere. Nei suoi 'cervelli' legati, imprigionati dall'immagine del denaro è rappresentata la ricerca spasmodica della ricchezza e del consumismo e il medesimo concetto viene espresso anche in contesti e con opere diverse, eppure assimilabili concettualmente. Ad esempio, una Sindone strutturata come una croce, bloccata, inchiodata da spine di acacia, testimonia il dolore dell'uomo e la sua possibile salvezza, non soltanto spirituale, ma anche fisica e sacrale. L'effetto si avvale anche del gioco raffinato della luce, riflessa, viva nel suo percorrere la superficie del modellato, alternando abissi oscuri di ombre e lucenti redenzioni, come ad indicare la continua lotta dell'Uomo per la sopravvivenza del corpo e del cuore. Un elemento che arriva all'artista da lontano, dalle sue prime esperienza pittoriche, in cui luce e colore assumevano valenza purificatrice e simbolica. In altri lavori Marina Profumo circoscrive lo spazio con strutture metalliche che disegnano profili di volti senza sguardo, vuoti contenitori del nulla: è la denuncia degli effetti del mondo moderno sull'uomo, che l'artista ha inizialmente indagato, meditato in se stessa, passando dall'introspezione personale alla riflessione sull'universale, per poi rendere il suo linguaggio espressione di un sentire profondo e condiviso. Alla base dei lavori di Marina Profumo vi è innanzitutto una sperimentazione costante sui materiali, dagli assemblaggi all'utilizzo di oggetti di uso quotidiano, dal cemento al plexiglass e attraverso tale ricerca si evidenzia come la creatività di oggi entri direttamente nell'esistenza comune del tessuto sociale. Il concetto che guida l'idea è, inoltre, sempre da stimolo per un'adeguata considerazione sulle problematiche più attuali: dal disagio all'isolamento, dall'intolleranza all'egoismo, dall'eterno dualismo tra Bene e Male all'inconsistenza della sfrenata corsa al denaro e al successo. La pittura tradizionale diventa, per Marina Profumo, un punto di partenza che, proseguendo nel suo percorso, assume la necessità di concretizzare e dar vita all'Uomo, anche fisicamente, strutturando la figura in tre dimensioni, evidenziando il contrasto tra pieni e vuoti, anche e soprattutto simbolici, attraverso il modellato scultoreo e l'utilizzo di materiali grezzi come ferro, resine, plastiche, pelle, carta. Nell'arte entrano così elementi comuni, caratterizzati nel loro utilizzo, ma piegati ad una espressività diversa, esterni alla tradizione, che Profumo interpreta come estensione del suo punto di vista, come mezzo per rappresentare l'attualità del mondo e della creatività. La visione del mondo e di se stessa rende ogni opera di Marina Profumo un percorso ermeneutico, interpretativo, sul senso dell'esistenza e sull'inconscio. In un libro molto illuminante dello psicoanalista tedesco Georg Groddeck (1866-1934) intitolato "Il libro dell'Es", l'inconscio non è solo una parte della psiche personale, ma la potenza stessa attorno a cui si muove il nostro mondo. L'Es, la parte più nascosta e sconosciuta del nostro animo, della nostra personalità, si manifesta sotto forma di linguaggio, anche figurativo, musicale, artistico, divenendo il motore della società, delle nostre scelte, della nostra idea di vita. Marina Profumo è quindi un'interprete sottile della coscienza e dell'Es, dei desideri, delle pulsioni, delle paure, dei sentimenti, che esprime con istintività diretta e appassionata ricerca, quasi una sensibile, agrodolce psicoanalisi del quotidiano.

Guido Folco

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"L'urgenza della verità"

L'opera d'arte nasce sempre da un'urgenza. E non è chiaro se questa premura ad esistere stia immediatamente nella vicenda individuale dell'artista, o se piuttosto non monti fra i sussulti vitali del mondo e della storia fino a scaricarsi, come una molla, nella visione immaginifica e creatrice che l'artista con la sua sensibilità riesce a cogliere e riprodurre. Come diceva di sentirsi Meret Oppenheim, l'artista dunque come un sismografo, un rilevatore ed un traduttore delle forze di aggregazione e distruzione che rinnovano continuamente il dipanarsi dell'esperienza umana. Ad osservare gli ultimi lavori di Marina Profumo – sculture improprie, assemblages e manipolazione di materie, plastiche artefatte commistioni di cemento, griglia metallica e carta –, il dubbio ed il fascino rimangono, non si risolve la questione se l'opera venga semplicemente "fatta", o se invece non si tratti di un'esistenza che impone all'artista la propria forma ed il proprio significato, appunto di un'urgenza che solo in quel momento ed in quelle sembianze ha necessità di "farsi". È che in queste realizzazioni, l'indagine artistica di Marina Profumo sembra andare ben al di là di un percorso personale di analisi e consapevolezza, e se pure da questo parte, tende ad assumere il valore di momento di considerazione generale sull'essere umano e sulla sua condizione, si svolge come per tappe lungo una serie di atti creativi in cui l'io singolare dispotico perde centralità ed assolutezza, e solo si conosce e riconosce in quanto parte di una realtà problematica e collettiva, in quanto snodo in un mondo di relazioni e convenzioni.

Anche per questo, queste opere si discostano alquanto dai precedenti codici espressivi dell'artista, quasi dichiarassero, anche dal punto di vista formale, l'esigenza ad estendere e diversificare gli strumenti di conoscenza, quasi rispondessero, idealmente e materialmente, alla necessità di concepire un ritmo ogni volta diverso ed una diversa libertà esecutiva per catturare l'incostanza della realtà. Perché, come la vita, l'arte è movimento, e non vale dunque ridursi alle soluzioni già trovate, vincolare il pensiero in una cifra conclusiva ed uniformata.

Allora superando la propria ricca esperienza pittorica, Marina Profumo sperimenta il passaggio alla resa tridimensionale, avvertita più confacente ad afferrare la realtà esterna, ed al rapporto con materiali concreti e plasmabili, tali da potersi collocare in un'inconsueta connessione di variabile gerarchia spaziale e concettuale, in una interdipendenza complessa e non univoca dei segni e dei significati. È un approccio di prospettive mobili, di osmosi e trasposizioni, di piani che si intersecano e si sovrappongono, è un cimentarsi con gli equilibri instabili, complicati e molteplici che legano gli elementi ed il dialogo con il mondo.

Nascono così queste teste, agglomerati simulacri dell'essere pensante, e proprio tanto più simulacri in quanto ambigui ed allusivi, figure senza fattezze, evocazioni di un'umanità, osservata da un lato come natura universale e comune, vista dall'altro inespressiva e larvale, quasi stentatamente umana. Non ci sono occhi né orecchie, gli unici tratti realisticamente "umani" sono labbra e naso – carichi, grotteschi, esornativi, sbozzati come orpello – e la testa diventa così un'astrazione, tratto indistinto e perequante di ogni uomo, ma anche, metafora di vaghezza nei sensi e nelle percezioni, simbolo di perdita di giudizio e sentimenti. Interesse dell'artista è infatti quello di rappresentare lo smarrimento inebetito dell'uomo contemporaneo di fronte alle costrizioni ed ai condizionamenti che egli stesso si confeziona ed impone. La civiltà può diventare una gabbia che imprigiona, che costringe l'anima entro geometrie alterate e distorte, che organicamente incastra l'identità dell'uomo in una armatura permeabile ed artificiosa di dipendenze, assuefazioni, aberrazioni. Il passo verso la stupidità autodistruttiva è tragicamente breve.

Marina Profumo esalta il paradosso, è proprio la sua vena surreale e visionaria, ironica e desacralizzante, che nell'oggetto creato, nella materia lavorata immette i contrasti ed i confronti, svela la condizione ontologica della modernità. La griglia metallica ed il cemento, costituenti comuni a tutte le realizzazioni, dichiarano la continua dialettica esistenziale fra pieno e vuoto, fra interiorità ed alterità, fra esperienza ed immaginazione, fra natura e cultura. I materiali "poveri" entrano quindi nella percezione estetica e nella creazione artistica non per offrire una propria esibizione rituale, per cedere ad un gusto retorico verso l'oggetto formale; ma anzi vengono caricati essi stessi di un sovrappiù di senso, vengono ricondotti a dire, ad incarnare la visione di una ordinarietà ambigua, in bilico fra opposte potenzialità. Così come la carta stampata non è soltanto compiacente materia di modellazione, ma è l'insieme dei suoi significati specifici e dei traslati, è il supporto pedagogico, l'universo delle parole e dei concetti, la forza intangibile ma pure sostanziale delle cognizioni, la fragilità che caratterizza la struttura biologica e quella culturale dell'uomo. E non è per mero calligrafismo, quindi, che la carta venga impiegata ad abitare l'interno delle teste, a rappresentare sia il cervello, che senza più connessioni funzionali con il resto del corpo rimane compresso e relegato in una vizza atrofia; sia la pletora delle informazioni, che, in forma di oggetti contundenti o come lame affilate o come legacci intricati, opprimono gli spazi e si rivoltano a diventare per l'uomo fattori di autolesionismo. È invece un dualismo che viene assunto a materia prima, tutto ciò che l'uomo ha saputo costruire, concepire, adeguare, e che oggi con maggior pericolo rischia di utilizzare contro se stesso ed il mondo.

Allora, in realizzazioni come Bad Use Religion, le lame offensive sono costituite e ricoperte dalle citazioni dei testi sacri delle principali religioni mondiali, e ciò che serve per l'elevazione spirituale ed etica dell'uomo è perciò diventata arma dell'intolleranza e della sopraffazione; altrove, in Aesthetic Slavery, la chirurgia estetica e rimodellante, con le riviste ed i trattati, è il contrappunto ai progressi della ricerca e della pratica medica, segno di un eccesso verso mode e stereotipi, rincorsa ad una perfezione drogata e sintetica; e il dominio sulla natura, garanzia di sopravvivenza per la specie umana, ha condotto al degrado ecologico, indicato nella intensità enunciativa di Self Destructive: Pollution.

Sono solo alcuni esempi di questa produzione, il cui intento stilistico è evidentemente quello di spingere i componenti diversi ad integrarsi in un contesto formale che ne esalti sia le simbologie intrinseche che quelle trasfuse attraverso l'atto creativo. È questo contesto che si fa veicolo di compenetrazione, nei riguardi della realtà certo, ma anche di fronte alle paure, ai dubbi, alle distonie che l'uomo avverte e non ragiona. L'opera d'arte in questo modo recepisce il reale per coniugarlo con la trascendenza, è un ponte, un raccordo con l'emozione, con l'immaginazione, con l'ironia, con la poesia. Le teste di Marina Profumo rappresentano sempre un'aspirazione armonica, un anelito di equilibrio che oltrepassa il piano razionale ed oggettivo, per riversarsi su quello artistico ed emotivo; cioè, sono espressione di una ricerca sulla forma ed insieme di una partecipazione sentimentale dell'idea che è filosofica, sociale, etica. Sono la scoperta di una verità fondamentale e semplice, di come l'esistenza dell'uomo si componga nel delicato bilanciamento fra realtà e psiche profonda. Per tutto questo, una decisa impronta positiva pervade questi lavori: nonostante le amare riflessioni cui spingono, nonostante la definitiva e persistente esibizione della stupidità umana, da essi promana il desiderio ed un impegno dinamico a sollecitare le sensibilità, ad avvertire e coinvolgere le coscienze. L'opera d'arte si pone come sintesi e rappresentazione di tutto il bene e di tutto il male di questo tempo, è suggestione di bellezza e dolore. Finalmente, è l'urgenza di verità che si dà corpo e sostanza perché possa venir compresa, dimostrata, proposta al mondo.

Francesco Giulio Farachi

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"Viaggiare con le emozioni"

L'artista Marina Profumo porta avanti in maniera assolutamente personale e suggestiva un percorso pittorico coerente ed autonomo dall'innegabile fascino; ella, seguendo un'armonica e calibrata sintesi costruttiva infonde alle sue opere una sapiente figurazione che si dilata sulla tela dominante. Le notevoli strutturazioni della luce, forma e colore affiorano con incisività dalle sue realizzazioni per poi liberarsi splendidamente in una caratterizzante modernità costantemente vissuta con abilità ed estro. Ispirata dalla natura, la Profumo realizza prevalentemente dal suo mondo artistico cieli e marine che, protagonisti, ci seducono intensamente; essi, ricchi di originalità e dinamica coloristica, evidenziano un coinvolgente lirismo regalandoci infinite emozioni. Il colore caldo, a volte solare a volte tenue, ma sempre ben dosato e magistralmente steso, si divide nell'opera in brillante resa formale per creare delle linee orizzontali cariche di movimento ed energia che segnano il confine tra cielo e mare. Scansione segnica, raffinati effetti chiorscurali e vitalità cromatica risaltano di vera essenza creativa, rivelando così una pittura intrisa di importante ed autentico valore artistico. Le titolazioni "Caldi orizzonti", "il sapore del calore" e "Luce azzurra" perfettamente descritte manifestano una visione prospettica decisa e ben equilibrata; mentre nelle opere intitolate "Sorgenti di luce" ed "Avvicinamenti" possiamo notare come l'immagine che diventa più evanescente, più modulata, si evolva in una fantasiosa espressività sempre mirabilmente elaborata. In tutta la produzione della Profumo emergono sia maturità di tecnica che bellezza estetica. La pennellata luminosa e vibrante esterna un'inventiva sempre appassionata in cui risaltano la comunicativa e la gestualità prorompente. Servendosi della tecnica ad olio su tela, supportata da consapevolezza dei mezzi, l'artista analizza la materia con sensibilità creativa e soprattutto con valida padronanza, rivelando così un'arte intrisa di ricercato stile, componenti che contraddistinguono notevolmente la sua pittura. La mostra personale che si svolgerà nei locali della Galleria d'Arte La Telaccia dal 16 al 25 Novembre 2005 porterà l'osservatore a viaggiare con le emozioni, perché l'artista Marina Profumo interpreta un percorso pittorico impreziosito non solo di forza emotiva e di profondi contenuti, ma anche di vero sentimento poetico.

M. Malì

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"Roma d'Insonnia"

...Linee d'orizzonte, fenditure di luce, crespe di colori si perdono in un ritmo interminato sulle tele di Marina Profumo. Si creano paesaggi di vastità indefinita, lo spazio si annulla di luminosità, il tempo si avvolge su se stesso, come fosse il respiro. Sono territori distesi, che non fermano lo sguardo, che non limitano l'attenzione, ma quasi avvincono la percezione, la amplificano e la riverberano su piani paralleli. Sono luoghi incantati, privi di gravità e forma, creati per la suggestione, per la separazione da ogni sollecitudine ed ansia, pensati per la libertà.

Francesco Giulio Farachi

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La pittura di Marina Profumo si articola secondo una poetica intonazione astratto-metafisica che risulta estremamente piacevole e affascinante. Infatti, la ricchezza di contenuti di questa esperienza creativa offre la possibilità all'osservatore di cogliere elementi particolarmente pregnanti della realtà oggettuale mediante una riflessione, in forma lirico-pittorica, nella quale perdersi piacevolmente all'infinito...

Alla Galleria Immagini di Cremona, fra le opere "in permanenza" abbiamo potuto apprezzare di pezzi assolutamente degni di nota.

Il primo, intitolato "Confusione", si caratterizza per una serie di figure e forme che, a un ritmo vertiginoso, si espandono nello spazio, "inoltrandosi" se possibile, in esso, al ritmo, mentale e onirico, di una rappresentazione mai casuale, né, tanto meno, banale, di componenti emozionali di vasta caratura surreale.

Ed è assolutamente esaltante scoprire, in ogni minima porzione della tela, come elementi schiettamente oggettuali, possano diventare, sotto gli occhi dell'osservatore , componenti soggettivi. Tale "passaggio" si ha pure osservando la seconda opera presente nelle sale di via Beltrami, nel cuore pulsante della città di Stradivari.

L'oblio , "Indifferentemente Oscuranti" , si carica di mistero e, allo stesso tempo di rivelazione, una rivelazione introspettiva che, come la luce blu che si apre verso un forse ipotetico orizzonte, rischiara alla mente i molteplici significati dell'opera , e dell'Opera d'arte in senso più generale.

Dott. Simone Fappanni

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Secondo la teoria della percezione, che cerca di capire le modalità con cui il nostro cervello decifra ed interpreta le immagini raccolte dalla retina, la linea orizzontale è un prodotto del senso della vista rielaborato dalla corteccia secondo principi di semplicità funzionale. Come già aveva intuito Delacroix, la linea retta e le sue parallele "…non si presentano mai in natura ma esistono solo nel cervello umano…". Pertanto l'artista si serve di configurazioni orizzontali per comunicare stati d'animo legati a sensazioni di equilibrio che inducono alla meditazione.

Nelle opere di Marina Profumo la dimensione spaziale proviene dalla contemplazione dell'eterna superficie del mare, lungo quella linea vasta ed incerta dove l'acqua si confonde con il cielo. E' questo il luogo magico ed indefinito dove da sempre la percezione delle cose si fa ambigua, dove vascelli fantasma smarriti nella nebbia, vele greche in vista di un ingannevole approdo, possono apparire e sparire tra nuvole cariche di estatici pensieri. La tecnica pittorica utilizzata da Marina è molto semplice, la sua tavolozza è elaborata quanto basta affinché i colori possano esprimere gli stati d'animo desiderati e convogliare l'attenzione verso un centro dell'immagine dove iniziare il momento riflessivo. L'artista fonde i segni del cielo e del mare moltiplicando e stratificando le linee orizzontali con il risultato della perdita di riferimento di un preciso orizzonte. La sensazione di apparente staticità viene così compromessa rendendo ambigua l'intera configurazione con un notevole effetto di attrazione ipnotica. L'artista lascia fluttuare le linee senza interromperle con segni verticali, prolungando così l'estensione dello spazio in un'unica direzione senza limite, che induce lo spettatore a ricostruire l'immagine oltre le dimensioni fisiche del quadro. L'ambiguità della percezione si fa ancora più evidente nelle opere dove le superfici sono perturbate da oscillazioni regolari che possono essere lette contemporaneamente secondo un dualismo terra-mare caro a Rimbaud: solchi scavati con forza dall'aratro o onde sollevate con leggerezza dal vento?

Mario Pepe

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