Biografia

Marina Profumo nasce a Ceranesi Genova nel 1960 dove tutt’ora risiede.

La sua naturale attitudine per le materie artistiche, coltivate con studi e viaggi, ricerca e amore per il bello, ma soprattutto con una precoce indagine interiore e con il desiderio di esprimere se stessa, la conduce verso la pittura, attraverso cui inizia ad esprimere le sue inquietudini, i suoi sentimenti, coltivando e approfondendo tematiche universali che riguardano l’animo umano.

I primi lavori ad olio risalgono al 1978. Sono visioni introspettive ed intense. Di quel periodo fanno parte, per esempio, "Verso il futuro" e "Tempesta". Continua a dipingere ininterrottamente ed instancabilmente in maniera appartata e solo intorno al 1998 decide di allestire le sue prime esposizioni. Finalmente un pubblico più ampio può ammirare le sue opere, di cui, per esempio, "La Via" o "Resistere", dove traspare l’aspetto duro, difficile del nostro vivere. Sono di questo periodo opere come "Dualità", dove si evidenzia l’eterna attrazione/repulsione, coesistenza/separazione tra il bene e il male; "Supplica sterile", una preghiera dei deboli verso i potenti affinché cessino i soprusi, e ancora "Il Dono" o "Gli Innamorati", dove meraviglia e dolcezza avvolgono l’osservatore teneramente. Sono immagini d’impatto surreale, ma in realtà non appartengono a nessuna corrente in quanto è una pittura nata in un introverso isolamento e frutto della sola personale ispirazione dell'artista. Sono quadri da leggere, da indagare in profondità per scavare nell'anima dell'autrice.

L’amore per il colore, per le suggestioni e la voglia di sperimentare modi nuovi, diversi, meno espliciti, di trasmettere emozioni, ha condotto l'artista a cogliere l'essenza dell'idea. Intorno al 2003 prendono vita nuove opere. La complessità dei soggetti è rinnovata, le immagini si semplificano, si riducono al minimo: colore, movimento, profondità, luce intesa come illuminazione della mente, calore del cuore, miraggio di pienezza e felicità. Di fronte a queste tele l’occhio e l’anima hanno più spazio, più libertà: fluttuano in un’attrazione quasi ipnotica. La mente resta coinvolta dentro i dipinti dove trova spunti per la propria meditazione. Dall’introspezione, alla meditazione e quindi all’analisi del mondo intorno a sé: l’artista lentamente sposta l’ottica focalizzando l’interesse sul comportamento dell’uomo moderno e i suoi effetti.

Dal 2006 i temi di attualità diventano una costante: nascono opere sulla politica globale come "Ingerenze politiche" e "Arroganza bianca" e sulla donna, come: "Libere" e "Librarsi". La materia sui quadri diventa più spessa. La tela viene preparata, prima del lavoro con l’olio, con paste acriliche sempre più dense sino alla sabbia. Ad un certo punto però, nella mente dell’artista, appaiono soggetti troppo realistici per essere dipinti, soggetti che necessitano di un proprio corpo, una propria forma reale.

Così, nel 2007, inizia la fase scultorea. Marina assembla cemento, corde, carta, rete metallica, fogli di plastica stampati e vernice. Le sculture antropomorfe sottolineano, nella loro assenza di identità, l’incapacità dell’uomo di avere un comportamento sensato e consapevole. All’interno, presentate con manufatti in carta stampata, griglia, corda, storie di quotidiana follia umana: come l’inquinamento, le religioni, l’ossessione dell’estetica, l’odio. Anche nelle sculture dove la "testa in griglia" non è presente, come "Tzunami Brain" ("Onda anomala"), "Imprisoned Brain" ("Cervello imprigionato"), o "Out of Place" ("Fuori posto"), il protagonista rimane l’uomo, con il suo essere stolto e prigioniero di sé stesso, con il suo carico di comportamenti sbagliati, che sta correndo verso l’autodistruzione.

Le opere sono estremamente originali e particolari. Nonostante la serietà dei temi trattati, l’ironia, talvolta anche molto pungente, le rende curiose e divertenti. Per esempio: "Waaaaait for me!!" (Aspettami!), riguardante i ritmi disumani che ci imponiamo, e "Lethal Parasites" (Parassiti letali), che rappresenta il nostro bel paese distrutto dalla cattiva politica, sono costituite da insolite scarpe contenenti un altrettanto inconsueto cervello. Oppure "Finance Prison", cioè la prigione del denaro, che fa parte della serie "Prison Brain" (Cervelli Imprigionati), in cui sono presentate le nostre meschinità ma rese leggere grazie a una struttura piacevolmente cromatica e ordinata.

Nel 2012 comincia un approfondimento sul crimine ecologico che l’uomo sta perpetrando contro il pianeta, con la nascita di nuove sculture interamente in cemento e ferro appartenenti alle serie: "Can Man Take the Place of Nature?" (Può l’uomo sostituirsi alla natura?) e "Human Nonsense" (Scempiaggini dell’Uomo). Si tratta di alberi assurdi, rovine con cui l’artista ci proietta già nel futuro quando qualcuno troverà questi reperti, testimonianza di un’epoca in cui l’uomo voleva sostituirsi alla natura creando scempiaggini insostenibili.

Dal 2014 le fotografie degli alberi di cemento sono diventate la base di nuovi lavori di arte digitale che vanno a fare parte della serie "Prison Brain".

Dal 2014 le fotografie degli alberi di cemento sono diventate la base di nuovi lavori di arte digitale che vanno a fare parte della serie “Prison Brain”. Da fotografie scattate a foglie e piante nascono le opere “Nature Prison” dove è la natura ad essere imprigionata. In altre opere invece è lo spazio che manca a creare l’idea di imprigionamento, come accade in Gramsci Street, dove un ammasso di moto diventa un vero vortice che attira lo spettatore in un labirinto senza via d’uscita. Ancora voglia di spazio in Between Sea and Sky (tra mare e cielo) case colorate liguri, tra scorci di cielo e di mare, questa volta la compressione ha qualcosa di poetico. E’ con Last Breath, con l’Ultimo Respiro di una massa di nasi, che emerge il bisogno di sopravvivenza dell’uomo intrappolato dal suo stesso progresso, una guerra persa. L’indagine di Marina prosegue costantemente, fotografando, scomponendo e ricomponendo immagini, creando nuove visioni e punti di vista per donare sempre nuovi spunti di riflessione.

Nel 2017 nasce la serie “Free” dedicata soprattutto ai luoghi in cui viviamo e dove viene abbandonata la rete metallica, simbolo dell’imprigionamento, lasciando le immagini libere, come nelle opere “Milan Free” o “San Lorenzo”. Questi elaborati fotografici, chiamati da Marina “Matrici”, sganciati dalle serie “Prison” e “Free”, costituiscono opere digitali a sé stanti fruibili su supporti diversi come per es. plexiglass, alluminio, stoffa. Le “matrici” sono collages di immagini incastrate tra loro che creano un tutt’uno complesso, da osservare e scoprire piano piano.

Nel 2019 l’artista vuole lanciare dei messaggi sotto altra forma e, con l’ausilio di idonei programmi di grafica, crea un suo alfabeto personalizzato dove ogni lettera viene inserita in un cerchio e colorata creando un particolare effetto cromatico. Queste piccole sfere sono i suoi “Pois parlanti”. I pois sono usati per scrivere brevissime frasi. Una delle versioni prevede una vera caccia al tesoro in quanto la frase si trova al centro dell’opera, la prima riga si legge da sinistra verso destra e la seguente da destra verso sinistra. Sopra e sotto ci sono le lettere che compongono la frase, inserite in ordine casuale creando confusione. Un’altra versione invece prevede la scrittura della frase in maniera ordinata, a partire dalla prima riga in alto, leggendo da sinistra verso destra e la successiva da destra verso sinistra e così via. Il mix di colori e forme attirano l’occhio e la curiosità subentra subito dopo per cercare di leggere la breve frase. Le frasi a volte nascono da pensieri e sensazioni personali come nelle opere “Freedom Always” (Libertà sempre) o “Take care” (stai attento), ma sono anche attinte dagli eventi che ci circondano come la guerra in Europa - a cui si riferiscono le opere “No war” (No guerra) o “Peace” (Pace) – o come le manifestazioni di piazza dove la gente esprime idee, richieste, proteste – a cui si riferiscono opere come “Save the Planet” (Salvare il Pianeta) o “Women, Life, Freedom” (Donne, Vita, Libertà).

I “pois parlanti” sono composti da poche parole che nascondono concetti molto più complessi. Poche parole per riflettere.



Versione inglese

Versione francese